Samsung ha comunicato di aver raggiunto un accordo con il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, al fine di archiviare le accuse che erano state mosse in merito al luogo di produzione di alcuni suoi dispositivi, e presunte false dichiarazioni in merito all’origine del proprio processo produttivo, effettuato in Cina e non – come comunicato – all’interno del mercato della Corea del Sud.
Il procedimento fu avviato per contrasto con quanto stabilito dalla normativa TAA del 1979, che stabilisce delle priorità commerciali nei confronti di alcuni Paesi a cui gli Stati Uniti riconoscono il commercio equo. Ebbene, proprio in tale ambito Samsung avrebbe commesso degli “errori”, promettendo di fornire solamente device prodotti in Corea.
La realtà è stata tuttavia diversa, e da tale contrasto è sorta la formalizzazione delle accuse alle autorità, e la chiusura del caso prima che assumesse le forme di un processo che Samsung voleva evitare. Il pagamento della compagnia sudcoreana per la chiusura della vertenza è stato pari a 2,3 milioni di dollari.
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